Il dolore e la Bellezza
Atti del III Convegno della Società Italiana Psicoterapia Gestalt
Autori e curatori
Gianni Francesetti , Michele Ammirata , Silvia Riccamboni , Nunzia Sgadari , Margherita Spagnuolo Lobb
Prefazione
di Michele Cannavò
Da neo-presidente della Società Italiana Psicoterapia Gestalt, ho il piacere
di introdurre gli Atti del congresso “Il Dolore e la Bellezza, dalla Psicopatologia
all’Estetica del Contatto” tenutosi a Palermo nei giorni 9, 10 e
11 dicembre 2011, che per numero di partecipanti e ricchezza di contenuti
ha dato continuità e giusto valore al costante lavoro della SIPG in questi
anni. La SIPG ha come finalità generale la diffusione e lo sviluppo, in tutto
il territorio nazionale, della conoscenza e della pratica della psicoterapia
della Gestalt. Tra gli obiettivi principali troviamo: il creare spazi in grado di
riunire gli psicoterapeuti della Gestalt (convegni, seminari, workshop), favorire
lo sviluppo teorico, metodologico e applicativo di questo approccio
psicoterapico in vari ambiti clinici e sociali, contribuire al dialogo degli
psicoterapeuti della Gestalt con colleghi di altri orientamenti, rappresentare
gli psicoterapeuti della Gestalt nelle istituzioni e nelle associazioni nazionali
e internazionali. Una società che ha come leit motiv il suo prendersi cura
delle relazioni tra i singoli psicoterapeuti e creare il sostegno necessario per
i contatti con la FIAP (Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia)
e l’EAGT (European Association for Gestalt Therapy). In entrambi i
luoghi la SIPG, con i suoi delegati, ricopre ruoli di rilievo e di impegno costante,
dando un valido supporto e permettendo un interscambio continuo.
La SIPG si conferma come luogo di appartenenza e dialogo per gli psicoterapeuti
della Gestalt in Italia. Da questo sfondo emerge in modo quasi naturale
la realizzazione di un congresso che periodicamente dia la giusta luce e
il giusto supporto alle singolarità.
La genuinità di questi rapporti determina l’emergere di continui stimoli
e aperture a livello nazionale e internazionale, lo stesso clima che si è respirato
durante il convegno e che ha ispirato molti dei lavori presentati. Sono
presenti oltre 100 contributi che spaziano e interessano moltissimi aspetti
della psicoterapia della Gestalt.
Gli Atti parlano di questi incontri, delle diversità, della curiosità e della
voglia di nutrirsi. Nascono da relazioni magistrali, workshop e tavole rotonde
che hanno dato vita ad una melodia in cui ognuno ha potuto trovare il
proprio ritmo. Momenti indimenticabili che mi hanno dato il senso della
ricchezza di cui siamo custodi, dalla bellezza dello scambio tra i vari direttori
degli Istituti di Gestalt, alle emozioni continue dei process group al
momento doloroso ma pieno dell’omaggio a Giovanna Giordano, Ed Nevis
e Serge Ginger. Ciascuno di noi si è dato il permesso di fare emergere dentro
di sé figure nuove che confido essere state fonte di crescita e novità. Il
convegno è stato spazio di incontro e dialogo tra psicoterapeuti, oltre che
tra altri professionisti delle relazioni d’aiuto.
Il tema del convegno è nato dall’esigenza di confrontarsi sulla visione
gestaltica della sofferenza relazionale, della psicopatologia e dei modi di
prevenirla, riconoscerla e prendersene cura. Incontri che hanno discusso
sulle forme della sofferenza, sui percorsi terapeutici a cui fare appello, sui
criteri intrinseci di salute relazionale, sull’estetica del contatto e sul fascino
di un incontro che non neghi né plachi la sofferenza, ma ne sostenga la bellezza
evolutiva. Nello spirito della SIPG, si è cercato di favorire lo scambio
e il contatto, oltre che tra professionisti, anche tra persone che hanno iniziato
o continuano le loro storie all’interno della comunità gestaltica o che con
il loro contributo in campi contigui ne nutrono gli sfondi. Un congresso che
ha sancito il passaggio della presidenza da Gianni Francesetti al sottoscritto
attraverso un momento di estrema commozione e apertura del respiro. Quel
lungo applauso, la sua commozione e gli abbracci di molti dei congressisti
appena sceso dal palco non hanno fatto altro che testimoniare quanto è stato
importante il suo lavoro e la sua dedizione alla SIPG. Questo congresso è
frutto del suo amore per la psicoterapia della Gestalt e della sua capacità di
creare una “rete” morbida e fluida. Sento il peso di tanta responsabilità ma
credo fortemente che il mio esserci possa creare la consapevolezza necessaria
per trovare direzioni e orientamento. Tutto ciò è reso sicuramente più
stimolante da un gruppo a cui sento di appartenere, che crea il ground necessario
e la stabilità per far sì che la SIPG possa crescere e possa ancor più
rappresentare e mettere in contatto gli psicoterapeuti della Gestalt non solo
italiani! Ringrazio di cuore Margherita Spagnuolo Lobb e Giovanni Salonia
per aver creato una così ricca e stimolante associazione che ha permesso
negli anni di farci incontrare. Margherita in particolare ne ha sviluppato le
connessioni nazionali e internazionali rendendola aperta e pronta al dialogo
e alla collaborazione con il contesto europeo e con gli altri modelli di psicoterapia.
La bellezza di questo convegno si nutre di questo sfondo e di que12
sta storia ed è frutto dell’opera di un gruppo che attraverso lo scambio continuo
ne ha permesso la realizzazione.
A tal proposito voglio ringraziare i direttori degli istituiti sostenitori:
Margherita Spagnuolo Lobb, Riccardo Zerbetto, Giovanni Salonia e Valeria
Conte, Antonio Ferrara, Mariano Pizzimenti e la carissima non più con noi
Marilena Menditto; il comitato organizzativo costituito da: Michele Ammirata,
Angela Basile, Teresa Borino, Angela Di Martino, Gianni Francesetti,
Marco Lobb, Albino Macaluso, Maria Mione, Silvia Riccamboni, Nunzia
Sgadari, Margherita Spagnuolo Lobb; i colleghi stranieri: Sergio La Rosa,
Frank Staemmler, Carmen Vázquez Bandín; gli ospiti non gestaltici; i volontari
che hanno dato un importante sostegno a tutta l’organizzazione.
Un ringraziamento speciale va a tutti i partecipanti dei due concorsi (articolo
e fotografia) che hanno permesso di alimentare la forte corrente creativa
che agita l’oceano gestaltico. Infine, i miei occhi sono per la bellezza di
tutti i congressisti che hanno permesso la creazione del ground necessario
per l’emergere dell’infinita bellezza di questo congresso.
Introduzione
di Gianni Francesetti, Michele Ammirata, Silvia Riccamboni, Nunzia
Sgadari, Margherita Spagnuolo Lobb
Un convegno sul dolore e la bellezza: un tema coraggioso e sfidante per
un approccio psicoterapeutico che per sua natura sostiene le polarità emergenti
nel campo e in questo modo nutre il next, lo sviluppo del campo relazionale
e culturale (Spagnuolo Lobb, 2011). Il dolore e la bellezza: due temi
scotomizzati nel nostro tempo. Siamo esposti, sovraesposti, alla bellezza
oggettuale e al dolore visivamente rappresentato: ma proprio questa continua
esposizione ci desensibilizza alla bellezza relazionale, al dolore vivo
che trasforma, alla speranza che in questa trasformazione dimora. McLuhan
(1967) chiaramente legge questa tendenza al torpore, alla anestesia, alla
narcosi come tratto caratteristico dello sviluppo sociale attuale. Guardare a
questi due temi, il dolore e la bellezza, riattivando i sensi e la ricerca di senso,
dischiude uno sguardo unico sulla psicoterapia e sulla psicopatologia
(Francesetti et al., 2011; 2013). Ci offre l’occasione di sostare presso – e
nella – sofferenza con uno sguardo aperto alla speranza perché la contiguità,
addirittura la continuità, fra queste due esperienze getta una nuova luce
sulla vita, sulle relazioni, sulla cura e sulle sofferenze delle donne e degli
uomini. La psicoterapia della Gestalt nasce come terapia della concentrazione,
una modalità che pone il sentire al centro del proprio operare e curare.
Sentire, e sentire il dolore, in questo convegno, diventa il tragitto che
conduce alla trasformazione e alla bellezza. Non la bellezza oggettuale, ma
la bellezza emergente, quella che non può e non vuole essere posseduta, ma
che trasforma e lascia traccia. Il convegno sottolinea una precisa visione
della psicopatologia e della psicoterapia: la psicopatologia è assenza al confine
di contatto, quindi anche anestesia e protezione dal dolore. La psicoterapia
riapre i sentieri del sentire, dà dignità e dimora al dolore, e lo trasforma
nel contatto. Qual è il criterio e il prodotto di questa trasformazione? Il
criterio è quello estetico e il prodotto è la bellezza.
Questi sono alcuni dei fili che si sono sviluppati nel convegno e di cui
qui trovate le tracce. La psicoterapia, in questo orizzonte, è sguardo acuto
che distingue fra dolore esistenziale e psicopatologia; è gesto preciso e incisivo
che trasforma l’assenza in presenza; è sostegno alla co-creazione di
percorsi che seguendo la bussola della buona forma cercano la bellezza effimera
e imperitura dell’incontro.
In un tempo in cui l’approccio riduzionista alla psichiatria e alla psicoterapia
è finalmente ri-messo in discussione e gli aspetti relazionali tornano
ad essere centrali, l’esplorazione di questo paesaggio apre strade feconde di
sviluppo per il nostro modello. A partire dai concetti fondanti definiti nel
testo di Perls, Hefferline e Goodman (1951), possiamo continuare a espandere
la nostra teoria e pratica mantenendo la coerenza con le basi epistemologiche
del nostro approccio e sviluppando creativamente il nostro modello
sintonizzandolo con i cambiamenti sociali, culturali e scientifici in corso
(Spagnuolo Lobb, Amendt-Lyon, 2007; Robine, 2007; Spagnuolo Lobb,
2011; Cavaleri, 2013; Bloom, O’Neill, in corso di pubblicazione). E forse
possiamo anche fare di più: possiamo anticipare i movimenti culturali in
atto e sostenerne lo sviluppo. Questo testo raccoglie questa sfida e intende
contribuire con una ampia riflessione allo sviluppo di un pensiero a nostro
avviso oggi necessario: un pensiero ancorato nel sentire, guidato dall’estetica
della relazione, creatore di un’etica dell’incontro.
Su questo sfondo si collocano i diversi contributi del convegno che spaziano
dalla clinica al dialogo politico, dalla riflessione teorica alla prospettiva
sociale, dal confronto con l’arte alla prospettiva interculturale.
Il testo, che raccoglie la maggioranza dei contributi presentati, può rendere
solo in parte la ricchezza e il clima di festa di un appuntamento che ha
chiamato a raccolta l’intera comunità gestaltica italiana: famiglie vicine e
imparentate provenienti da territori di competenza diversi sono affluite per
condividere saperi e strumenti, festeggiare appartenenze, confrontare diversità.
«Ognuno di noi trascina le tracce della sofferenza dei campi attraversati
per cercare l’occasione propizia per trasformarla in dolore e bellezza. Questa
è un’opera che consiste nel distillare il dolore dall’assenza, la bellezza
dal dolore, e può essere considerata il senso di fondo dell’operare psicoterapeutico
». Nella sua relazione di apertura, ultimo intervento come presidente
SIPG, Gianni Francesetti dà voce agli elementi di spessore maturati
dalla psicoterapia della Gestalt italiana e traccia l’orizzonte di senso del
convegno che è anche sguardo oltre, now-for-next per la riflessione teorica
e per la pratica terapeutica in divenire. Frank-M. Staemmler si sofferma su
“dolore e bellezza” come elementi fondanti dell’esperienza esistenziale e
della clinica.
La ricchezza delle analisi e delle voci, percepibile anche in questa raccolta
fin dalle prime pagine, imprime al confronto un movimento che si
rinnova, variegato, ad ogni contributo. E d’altra parte è questo il leit motiv
dell’intero convegno, a cominciare dagli interventi dei direttori che evidenziano
il desiderio di incontrarsi oltre le differenze. Questa la figura che
emerge da un ground in grado di sostenere e contenere le diverse anime
della psicoterapia della Gestalt. Un incontrarsi che porta con sé, ancora oggi,
il dolore e la bellezza insite nelle diversità che, nell’incontro di voci e
corpo, possono diventare terreno fertile per dotare di senso e di significato
le direzioni che i padri fondatori della psicoterapia della Gestalt hanno tracciato.
L’esperienza dei dialoghi approfondisce la riflessione nella metafora
della mescolanza e della purezza. Il colore che simboleggia la purezza è il
bianco. L’idea della purezza è viatico di tragedie e di buio. Bardamu, girovago
di Céline (1932), nei suoi vagabondaggi alla ricerca di un senso doloroso,
viaggia al termine della notte. La parola viene stravolta, destrutturata,
ricostruita e diventa straordinariamente potente e disperata. Ma l’idea della
mescolanza crea opportunità straordinarie. Stefano Benni, nel suo Stranalandia
(1999), descrive la scoperta da parte di due famosi scienziati di un
luogo in cui la mescolanza è all’ordine del giorno ed è opportunità. I dialoghi
nascono dall’idea che l’intreccio dell’incontro crea conoscenza e che
arroccarsi nelle proprie idee e nei propri fortini teorici svilisce e insterilisce
la pratica clinica, priva della linfa vitale che è l’esperienza: la parola si colora
e trova una nuova vita.
Un ringraziamento va a chi ha scelto con audacia di confrontarsi, lasciandosi
andare al brivido, all’incertezza e alla bellezza dell’incontro.
Sono fortemente radicate nell’esperienza terapeutica le figure co-create
sui confini dei 3 giorni di incontri. Le tavole rotonde confrontano cammini
di cura con i pazienti gravi, con gli adolescenti e le loro famiglie, con persone
e gruppi migranti; ancora, rivelano il delicato e intenso lavoro di accompagnamento
all’accettazione dell’identità affettivo-sessuale di persone
LGBT1; raccontano che cosa significhi per il terapeuta incontrare il dolore e
la bellezza dei frammenti dello psicotico. Colpisce come gli interventi mostrino
allo stesso tempo la varietà delle esperienze locali e un’unitarietà di
fondo nelle direzioni di ricerca e nella sensibilità estetica intesa sempre più
come criterio diagnostico e terapeutico distintivo.
1 Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender.
“Life is a matter of experience”. Questa frase, ritratta in una foto, rende
bene il senso di chi, nei workshop, ha messo a disposizione la sua competenza
e il suo coraggio per condividere e realizzare una conoscenza comune.
La parola “workshop” ci rimanda all’azione, ad un lavoro di intreccio di
persone, storie, respiri, corpi, sensazioni, emozioni, affetti, cognizioni in
uno spazio condiviso e nuovo: spazio relazionale dove avvengono mutamenti,
cambiamenti, metamorfosi, lasciandosi andare allo stupore della novità,
mettendo in parentesi, nel senso dell’epoché di husserliana memoria. Il
dolore e la bellezza entrano in scena ed escono così trasformati, personaggi
che trovano un autore, un attore e un copione.
Le minilecture sono il momento prezioso in cui la parola scritta incarna
conoscenza, vissuti, relazioni. È in questa complessità che la voce si fa portatrice
di “mondi relazionali” carichi di paura e coraggio, e in grado di rigenerarsi
all’interno di un campo di scambi vissuti. In ultima analisi, una
modalità di incontro che coglie un importante senso della pratica di una
professione che, ribadiamo, nel suo sentire diventa pratica relazionale.
Infine i poster, occasione per un vero e proprio laboratorio all’interno
del quale poter creare spazi di incontro a partire da una parola, da un disegno
o semplicemente da un colore. Uno spazio “incantato” in cui ogni autore
mostra il suo paesaggio, il poster appunto, e ne narra il percorso che lo
ha condotto, talvolta, in “terra straniera”. Questo, a nostro avviso, un probabile
modo per accostarsi alla loro lettura: immaginare sfondi vitali che si
muovono gli uni verso gli altri e che si lasciano attraversare da sguardi che
si proiettano in uno spazio possibile.
Chiude il testo il contributo premiato come “l’articolo gestaltico”, che
ripercorre e approfondisce la fenomenologia della perdita, il cammino del
lutto e il sostegno capace di farne un’esperienza piena di vita, di bellezza e
di speranza.
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