[:it] I curatori del volume con alcune delle numerose traduzioni internazionali.
La Psicoterapia della Gestalt nella pratica clinica
Dalla psicopatologia all’estetica del contatto
A cura di Gianni Francesetti, Michela Gecele, Jan Roubal
Traduzioni:
- inglese: Gestalt Therapy in Clinical Practice. From Psychopathology to the Aesthetics of Contact. Milano: FrancoAngeli, 2013; Siracusa: Istituto di Gestalt HCC Italy, 2014;
- francese: Psychopathologie en Gestalt-thérapie. St. Romain-la-Virvée: L’Exprimerie, 2013;
- romeno: Aplicaţii clinice ale psihoterapiei Gestalt. De la psihopatologie la estetica procesului de contact, Bucarest: Editura Gestalt Books, 2014;
- spagnolo: Terapia Gestalt en la práctica clínica. De la psicopatología a la estética del contacto. Madrid: La Sociedad de Cultura Valle Inclan, 2014;
- tedesco: Gestalttherapie in der klinischen Praxis: Ein internationales Handbuch. Gevelsberg: EHP Edition Humanistische Psychologie, 2016;
- polacco: Psychoterapia Gestalt w praktuce klinicznej. Od psychopatologii do estetyki kontaktu. Gdansk: Harmonia Universalis, 2016;
- russo: ГЕШТАЛЬТ-ТЕРАПИЯ В КЛИНИЧЕСКОЙ ПРАКТИКЕ. ОТ ПСИХОПАТОЛОГИИ К ЭСТЕТИКЕ КОНТАКТА (La psicoterapia della Gestalt nella pratica clinica. Dalla psicopatologia all’estetica del contatto). Mosca: Migtik, Moskovskiy Institut Geshtalt-Terapii i Konsultirovaniya, 2016;
- olandese: Gestalttherapie in de klinische praktijk. Van psychopathologie naar de esthetik van contact. Utrecht: Digitalis, 2017.
Prefazione alla versione in Italiano
di Eugenio Borgna
“La prima cosa, che la lettura di questo testo suscita, è la stupefatta percezione
della immensa ricchezza bibliografica che lo percorre, e che si estende
dalle aree tematiche della terapia della Gestalt a quelle della psicopatologia clinica,
dalle aree tematiche filosofiche, fenomenologiche in particolare, a quelle
sociologiche, da quelle psicofarmacologiche a quelle etiche; e sono aree tematiche
non semplicemente affiancate le une alle altre ma intrecciate le une alle
altre così da costituire uno straordinario affresco teorico e pratico.
Dalla lettura di questo testo si esce affascinati dalla complessità e dalla vastità
delle correnti culturali, che sono confluite nella articolazione psicoterapeutica
e dottrinale della terapia della Gestalt che conoscevo nel suo background
metodologico ed epistemologico, ma non nella estensione e nella profondità
delle sue radici culturali, e nelle sue possibili correlazioni con la
fenomenologia che è la premessa alla realizzazione di una psicopatologia aperta
a cogliere la dimensione psicologica e umana della sofferenza psichica. Non
posso non dire subito che grande è la leggibilità del testo nonostante il numero
delle sue pagine; e questo perché la leopardiana passione della interiorità, la
chiarezza e la radicalità della descrizione e della esposizione delle tesi, la libertà
e la dialetticità delle idee, la scomposizione del testo in capitoli e in sottocapitoli
didatticamente molto efficace, l’originalità e la immediatezza del
linguaggio mai logorato e inaridito da inutili tecnicismi, rendono queste pagine
di una grande potenzialità formativa, e non solo meramente esplicativa. Uno
psichiatra clinico, quando la fenomenologia gli consenta di non rimanere chiuso
nei desertici parametri diagnostici e terapeutici della psichiatria neurobiologica,
non può non uscire dalla lettura di questo libro radicalmente aggiornato in
ordine alle fondazioni teoriche e pratiche della terapia della Gestalt, e in ordine
alla importanza che essa può avere nella realizzazione di una psicopatologia
che non voglia perdere i contatti con la dimensione psicoterapeutica della cura.
Questo libro, non con argomentazioni astratte, o ideologiche, ma con la
palpitante verità delle narrazioni e delle descrizioni di storie della vita, che sono
ben più importanti delle storie cliniche, dimostra come la terapia della Gestalt
abbia in sé orizzonti di senso che consentono di guardare alle esperienze
psicopatologiche con una più penetrante attenzione alle loro fondazioni fenomenologiche,
e con una più costante ricerca di quelle che sono le risonanze interiori
agli avvenimenti della vita. Ovviamente, nella distinzione delle metodologie
e delle epistemologie, si vengono così delineando concordanze e
reciproche influenze fra la psichiatria come scienza umana e la terapia della
Gestalt come psicoterapia rigorosa.
Ma vorrei ora svolgere qualche considerazione sulle tematiche proprie alla
psicoterapia della Gestalt. Ci sono capitoli di dominante impostazione gestaltica,
e capitoli che, senza mai abdicare ad essa, si svolgono in dialogo con problematiche
di matrice clinica, e psicopatologica. In ordine ai primi non posso
non ripetere il grande interesse che desta il confrontarsi con il linguaggio, la
casa dell’essere come lo ha definito Martin Heidegger, e con gli svolgimenti
teorici e pratici di una psicoterapia ancorata ai principi della terapia della Gestalt.
Alla comprensione degli aspetti tematici e formali di questi capitoli, e alla
loro elaborazione concettuale, soccorrono anche i commenti che si aggiungono
ad ogni capitolo, e che con una grande libertà di giudizio propongono concordanze
ed eventuali discordanze che sono sempre espresse con una cartesiana
chiarezza, e con una profonda passione della ricerca. L’alternarsi dei capitoli e
dei commenti contribuisce a rendere la lettura del testo, e le conseguenti riflessioni,
molto agevole; ed è davvero sorprendente che questo accada con un libro
così esteso, e dalle tematiche così rigorose, e così complesse.
In ordine ai capitoli, che si confrontano con problematiche più generali,
vorrei sottolineare in particolare la straordinaria importanza di quelli incentrati
sulle prospettive della psicoterapia della Gestalt in psicopatologia, sulla ragione
d’essere della diagnosi, sulle sue correlazioni con gli psicofarmaci, sulle diverse
e complesse articolazioni sintomatologiche e cliniche che entrano in
gioco nelle applicazioni conoscitive e psicoterapeutiche della terapia della Gestalt.
Non posso non sottolineare la importanza della attitudine fenomenologica,
intesa a mettere fra parentesi ogni pregiudizio nosografico, e ad accostarsi
alle esperienze psicopatologiche con quella intuizione e con quella immediatezza
che consentono di coglierne la essenza; e anche la importanza del tema
della diagnosi che, certo, porta con sé il rischio di una oggettivazione del paziente.
Non si deve assolutizzare il valore e il significato della diagnosi, è necessario
relativizzarla nei suoi orizzonti di senso, e nondimeno non si può farne
a meno; perché la distinzione fra sanità, neurosi e psicosi condiziona un diverso
modo di avvicinarsi alla sofferenza psichica; ma la diagnosi dovrebbe poi
essere messa husserlianamente fra parentesi. Non posso nemmeno non concordare
con la tesi che ogni esperienza neurotica, e ogni esperienza psicotica, non
siano se non forme di vita nelle quali i confini fra normalità e patologia siano
fluttuanti, e che in ogni caso nell’una e nell’altra elementi patologici ed elementi
non-patologici si intrecciano, e si confondono, mai perdendo i loro orizzonti
di senso, e le loro donazioni di senso.
(Tesi, questa, drasticamente attestata da questa citazione dalla pagina iniziale
del secondo capitolo: «La psicoterapia della Gestalt ha da sempre affermato
che l’esperienza sana e quella cosiddetta patologica si situano su un continuum
senza margini netti e ha diffidato di ogni categorizzazione diagnostica e nosografica
»; e ancora: «Il valore dato all’esperienza del momento e alla contingenza
di ogni situazione hanno fondato la legittimità e il valore di ogni vissuto e
hanno evitato di cristallizzare le persone e i loro vissuti in Gestalten fisse».)
Sono considerazioni, queste, di radicale importanza conoscitiva che segnano
i confini invalicabili fra una psichiatria oggettivante, e una psichiatria fenomenologica,
e relazionale; e non si può non concordare anche con le
considerazioni che riguardano la ragione d’essere e la complessità delle correlazioni
fra la dimensione biologica degli psicofarmaci, e quella psicoterapeutica
e relazionale, che sono contestualmente necessarie al fine di articolare
strategie di cura rigorose e complete nelle loro diverse stratificazioni semantiche.
Solo dalla conoscenza profonda dei diversi psicofarmaci che sono sul mercato
può discendere, come ci si dice in uno dei capitoli del libro, la scelta di
questa, o di quella, molecola che sia la meglio dotata di terapeuticità in ciascuna
delle diverse condizioni psicopatologiche.
Non potrei infine non mettere in evidenza gli aspetti tematici che riguardano
i contesti sociali e politici della terapia della Gestalt, e insieme quelli che
riguardano le sindromi psicopatologico-cliniche delle quali il libro si occupa in
capitoli di grande significazione teorica e pratica; così da farne un trattato di
psicoterapia ma anche di psichiatria e di psicopatologia riviste originalmente
alla luce delle prospettive gestaltiche. Così, sono affascinanti le pagine dedicate
al suicidio che ci confrontano con il suo mistero, e con quello che è possibile
fare per prevenirne la realizzazione; ma anche le pagine dedicate alle demenze,
alle sindromi depressive e ansiose, alle sindromi anancastiche e ai disturbi alimentari,
che sono illustrate nei loro aspetti psicoterapeutici ma anche psicopatologici
e fenomenologici.
Ho voluto così indicare a grandi linee le strutture portanti di queste pagine
che testimoniano del rigore concettuale, della ampiezza della esperienza, della
conoscenza bibliografica degli indirizzi psicoterapeutici e psicopatologici, della
valorizzazione della soggettività del dolore e della sofferenza, del dialogo
come ricerca delle attese e delle speranze dei pazienti, e anche delle dimensioni
temporali e spaziali della malattia. Problematiche, queste, di radicale matrice
fenomenologica che nel libro sono rigorosamente rivalutate, e riconsiderate,
muovendo dalle prospettive della terapia della Gestalt.
Un libro che denota una profonda vocazione allo studio e alla cura della
sofferenza psichica, e anche al rispetto della dignità delle molteplici forme di
dolore dell’anima e del corpo. Un libro di radicale importanza nel farci riflettere
sulle possibili concordanze e alleanze fra terapia della Gestalt e psicopatologia;
facilitandone la reciproca conoscenza, e la reciproca integrazione.”
Eugenio Borgna
Borgomanero, Giugno 2014
Prefazione all’edizione inglese
di Leslie Greenberg
“Un manuale di psicoterapia della Gestalt sulla psicopatologia, e oltretutto
con un approccio relazionale a tale complesso argomento! Questo libro è rivoluzionario
e pionieristico. Aprire nuove vie è sempre un atto controverso, e di
certo lo sarà questo libro, sia fra i terapeuti della Gestalt, sia fra gli psichiatri e
psicologi più orientati verso un tradizionale modello psicopatologico medico.
Per la prima generazione di psicoterapeuti della Gestalt sarebbe probabilmente
uno shock vedere la Gestalt applicata ai disturbi gravi e constatare l’uso di etichette
quali quella di borderline. D’altra parte, i professionisti del modello medico
troveranno difficile assimilare concetti come l’emergere della psicopatologia
al confine di contatto e le idee di diagnosi estetica e orientata al processo.
Ma poiché si tratta di idee rivoluzionarie, la speranza è che abbiano un
impatto sulle visioni più consolidate del trattamento e della psicopatologia e
che aiutino la psicoterapia della Gestalt ad avere una voce nel dibattito principale
sui disturbi più gravi.
La psicoterapia della Gestalt nella sua fase iniziale è stata impegnata nel
supportare la crescita del sé e la maggiore autonomia nelle personalità nevrotiche.
Essendo parte della “terza forza”, quella delle terapie umanistiche, era parte
di un nuovo movimento culturale. La psicoterapia della Gestalt ha promosso
il supporto della creatività e dell’autonomia di quegli individui che hanno sentito
il bisogno di liberarsi dei soffocanti “devi” della società e dagli introietti
familiari. L’auto-espressione, la crescita, l’evoluzione della personalità erano
lo scopo della terapia.
Inizialmente l’approccio gestaltico si è sviluppato senza prestare troppa attenzione
alle forme più severe di sofferenza psicopatologica. Non era orientato
a trattare disturbi più gravi come la psicosi, l’autolesionismo, i forti traumi o
disturbi di personalità quali quello borderline o narcisistico.
Perls ha promosso la psicoterapia della Gestalt come terapia di elezione per
individui “nevrotici”, ma era chiaramente consapevole che non poteva usare le
tecniche gestaltiche con persone seriamente disturbate. Inoltre la terapia della
Gestalt è stata da molti identificata come un insieme di tecniche, senza una
comprensione teorica a guidarne la pratica. Si è così diffusa attraverso workshop
ed esperienze personali.
La ricerca e lo sviluppo teorico erano visti con scetticismo e lo sviluppo accademico
della terapia della Gestalt ne ha risentito. Così, sempre più, essa è
stata vista come una terapia rivolta alla crescita personale e non applicabile ai
disturbi gravi.
La visione della terapia della Gestalt offerta in questo libro è molto diversa
e innovativa.
Questo libro è rivoluzionario nel suo sforzo di affrontare il tema della psicopatologia
da una prospettiva gestaltico-relazionale e offre una visione specificamente
gestaltica per comprendere la psicopatologia. La psicopatologia
viene vista come un fenomeno co-creato nel campo, che emerge al confine di
contatto ed è modificabile attraverso il processo di contatto. Si tratta di un apprezzabile
sforzo di allargare i concetti fondanti della teoria gestaltica relativi
al funzionamento umano, per capire i pazienti seriamente disturbati e il funzionamento
psicotico.
Fino a tempi recenti, nella terapia della Gestalt c’è stata una mancanza di
sviluppo della teoria e della ricerca, che ha impedito in misura rilevante l’esplorazione
di ciò che essa può offrire. Essendo una terapia esperienziale, la formazione
si basava essenzialmente sul promuovere l’esperienza personale come
metodo di apprendimento. Questo ha condotto alla svalutazione delle ricerche
scientifiche e intellettuali e alla valorizzazione dell’apprendere solo attraverso
il fare e della conoscenza per esperienza diretta. Per conoscere, si doveva fare
esperienza. Questo era in linea con la teoria fenomenologica della pratica gestaltica;
ma un tale approccio ha comportato dei problemi nel promuovere la
teoria e la ricerca, e ha esposto la Gestalt al rischio di diventare una pratica
esoterica e di perdere qualsiasi riconoscimento come approccio accademico
serio, professionale e scientificamente valido. Lo sviluppo teorico e clinico che
compare in questo libro è un antidoto a questa tendenza.
Con l’avvento in tutto il mondo dell’esigenza di una pratica basata sull’evidenza,
la Gestalt ha cominciato a spostare il suo focus e a sviluppare ed incoraggiare
più sforzi nella teoria e nella ricerca. Una considerazione sofisticata
della psicopatologia quale viene offerta in questi capitoli si adatta perfettamente
a questo nuovo cammino e ne traccia la direzione. Dal mio punto di vista
può essere pensata come un aiuto nel definire una nuova cornice per una terza
generazione di terapeuti della Gestalt, una cornice che sia più olistica e che integri
teoria, ricerca e pratica in un quadro fenomenologico, relazionale ed empirico.
I capitoli del libro considerano molte categorie diagnostiche classiche: disturbi
psicotici, psicosomatici, dell’umore, di personalità, dell’alimentazione,
difficoltà sessuali, comportamenti violenti e demenza. Questi capitoli, pur
adottando categorie diagnostiche classiche, tentano di mantenere l’incontro con
il cliente come centrale e di preservare l’importanza dell’unicità di ogni persona
e di ogni incontro.
Inoltre, credo che questo approccio aiuterà a promuovere una delle idee
chiave che personalmente ho portato avanti, quella dell’importanza di ciò che
ho chiamato diagnosi di processo, che gli autori colgono nel loro concetto di
diagnosi intrinseca o estetica. In questa visione, la diagnosi comprende l’osservazione
momento per momento e il sentire dov’è il cliente. Una diagnosi funzionale,
che guida il momento successivo del terapeuta. Si tratta di una forma
di coinvolgimento co-costruito, che è al cuore di una forma di diagnosi che
porta a un intervento differenziale.
Così seguire il processo, un principio gestaltico centrale, non è qualcosa di
mistico o esoterico, selvaggio o creativo, al di là di ogni descrizione o comprensione,
ma piuttosto una forma disciplinata di riconoscimento dell’ovvio,
una forma di differenziazione percettiva simile alla lettura che i radiologi fanno
delle lastre, per scoprire fenomeni indicanti che, internamente, stanno avvenendo
determinati processi. Abbiamo suggerito che la terapia trae beneficio
dalla definizione di certi marker, come identificatori di stati interni. Essi forniscono
l’opportunità per specifici tipi di azioni terapeutiche, da parte dei terapeuti
che li colgono. Vedere la diagnosi e gli interventi in questa luce aiuta a
unire l’arte e la scienza della terapia nella realizzazione di una pratica competente.
Mi congratulo con i curatori per avere realizzato un volume che contribuisce
allo sviluppo della teoria della psicoterapia della Gestalt e coglie la complessità
dell’approccio gestaltico applicato alla pratica clinica con problemi
complessi.
Leslie Greenberg
Toronto, Dicembre 2012
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