MODELLO TEORICO DI RIFERIMENTO
Cenni sull’origine e lo sviluppo del modello gestaltico
Questo modello si sviluppa negli Stati Uniti, ma ha forti radici europee, evidenti se si scorre l’elenco dei fondatori, il loro luogo di nascita e formazione, ed evidente soprattutto nelle basi filosofiche e culturali a cui il modello attinge. Le radici affondano, infatti, oltre che nella psicoanalisi freudiana, nella fenomenologia tedesca e francese, nelle ricerche di Kurt Goldstein e della psicologia della Gestalt, nell’estetica e nell’esistenzialismo francese, nell’Olismo di Smuts, oltre che nel pragmatismo americano, in particolare di John Dewey e George H. Mead (Bocian, 2012; Wheeler e Axelsson, 2015; Spagnuolo Lobb, 2011; Amendt-Lyon, 2016).
Nata come corrente dissidente nei confronti della psicoanalisi, la psicoterapia della Gestalt incontra un terreno fertile per la sua diffusione nel clima culturale degli Stati Uniti degli anni ’60 e ’70, sviluppando progressivamente ulteriori elementi teorici e diversi campi di applicazione. Il periodo storico è quello dell’affermarsi delle terapie della cosidetta area umanistica alla quale la psicoterapia della Gestalt ha dato un contributo originale, arrivando a rappresentarne una delle incarnazioni più importanti (Cain, 2002; Elliott, Greenberg e Lietaer, 2004).
All’interno degli sviluppi del modello gestaltico, la scuola fa particolare riferimento a quelle correnti che sottolineano la centralità di una prospettiva relazionale e di campo in psicoterapia (Jacobs e Hycner, 2009; Francesetti, 2014a; Robine, 2006; Vázquez Bandín, 2014; Philippson, 2009; Spagnuolo Lobb, 2011; Bloom e O’Neill, 2014). Si tratta di una elaborazione sviluppatasi soprattutto negli ultimi decenni, in linea con la svolta relazionale che ha attraversato i vari modelli psicoterapeutici (Lingiardi et al., 2011).
La letteratura scientifica ha dimostrato la capacità di questo approccio di evolversi nel tempo rispondendo alle nuove esigenze socio-culturali (Spagnuolo Lobb, 2011; Bloom e O’Neill, 2014), di ampliare le aree di applicazione clinica (Francesetti, Gecele e Roubal, 2014; Greenberg, 2016), di rinnovarsi attraverso il dialogo con altri modelli, con la ricerca e con aree disciplinari contigue (Petrini e Zucconi, 2008; Moselli, 2011; Petrini, 2013). Una mole crescente di ricerche empiriche ha permesso di studiare i processi e dimostrare l’efficacia dell’approccio in setting clinici individuali, di coppia e di gruppo (si vedano ad esempio Tillet, 1994; Stevens et al., 2011; Martinez, 2002; Greenberg e Malcolm, 2002; Rosner, Beutler e Daldrup, 2000; Kelly e Howie, 2011; Aiach Dominitz, 2016; Schattmayer-Bolle, 1990; Baddeley, 1996; e le rassegne e meta-analisi Roubal et al., 2016; Strumpfel, 2006; Brownell, 2008; Bretz, Heekerens e Schmitz, 1994).
La capacità di lettura del contesto e delle relazioni, la flessibilità tecnica accompagnata da spessore e rigore teorico le hanno permesso nel tempo di svilupparsi non solo nell’ambito della terapia individuale, ma anche in quelli delle problematiche della coppia, della famiglia, dei gruppi, dei sistemi (Woldt e Toman, 2005; Lee, 2009; Wheeler e Axelsson, 2015; Hemming, 1994).
Queste stesse caratteristiche rendono possibile declinare le letture e gli interventi terapeutici tenendo conto anche del cambiare del tessuto sociale e degli orizzonti culturali, e permettono quindi sia di avvicinare le attuali espressioni della sofferenza, sia di sostenere le esigenze di crescita e di benessere personale e relazionale, considerati fondamentali nei documenti nazionali e internazionali sulla promozione della salute (WHO, 2013; 2014, Francesetti, Gecele e Roubal, 2014; Polster, 2007; Salonia, 2014).
Alcuni elementi teorici fondamentali
Da queste premesse deriva una prassi psicoterapeutica che mette al centro dell’attenzione e dell’intervento i fenomeni co-creati che emergono nell’incontro fra paziente e terapeuta. Questo focus sull’hic et nunc della cura, tuttavia, non perde di vista la dimensione temporale più estesa costituita dalla relazione terapeutica che si dispiega nel tempo. E tiene anche conto del contesto sociale e culturale più ampio in cui si situa. Il cambiamento sociale, e le influenze patogenetiche e patoplastiche che questo comporta sugli individui, richiede infatti un ripensamento continuo della sofferenza clinica e dei percorsi di cura.